Un commento al convegno di Milano sulla guerra in Ucraina dell’11 giugno

Scriviamo in ritardo sull’assemblea contro la guerra di Milano dell’11 giugno, ma è comunque doverosa una valutazione da parte nostra che siamo intervenuti, necessaria per il dibattito per gli scopi per cui è stata organizzata (“unire le forze” per rilanciare la lotta, dare forza all’iniziativa di classe) in un momento in cui è ancora molto debole la risposta proletaria, popolare, antimperialista alla guerra in corso, all’economia di guerra e al governo Meloni in prima linea nello scontro interimperialista e, infine, perchè ha sollevato la bandiera dell’internazionalismo proletario (uno dei punti dell’appello di convocazione).
I promotori, Fc, Fgc, Iskra, SI Cobas e Tir nel comunicato finale esprimono un giudizio positivo: l’assemblea “è riuscita nel suo intento”.

Noi abbiamo partecipato come Slai Cobas psc e proletari comunisti, siamo intervenuti alla fine per decisione degli organizzatori.

Diciamo subito che il nostro giudizio non è altrettanto positivo. E spieghiamo i motivi.
Gli interventi politici non hanno dato sostanza ad una linea proletaria, comunista, sulla lotta alla guerra imperialista: il dibattito politico ha ripreso il convegno di Roma del 16 ottobre scorso che ha avuto il merito di analizzare lo scontro interimperialista in Ucraina ma è rimasto sul terreno dell’economicismo, sulla denuncia degli effetti della guerra. Ora, con le presenze di giovani comunisti, di compagni, il dibattito avrebbe dovuto toccare il tema delle “particolarità storiche” di questa guerra (cioè la linea leninista che noi abbiamo portato con l’opuscolo su “Il socialismo e la guerra” di Lenin) e il ruolo dell’Italia imperialista e da qui fare dipendere la lotta contro Stato/governo Meloni/imperialismo italiano. L’assemblea di Milano non era un’assemblea del movimento pacifista eppure gli organizzatori si sono distinti da essi solo per il frasario di sinistra. La lotta contro il governo Meloni, il rapporto fascismo/guerra, un regime in formazione nel nostro paese al servizio dei padroni e dell’imperialismo, la costruzione di un Fronte unito per lottare contro tutto questo, non sono entrati nel dibattito politico dell’assemblea.
“Unire le forze” per gli organizzatori ha significato unire attorno a sè, alla propria linea, le forze che avevano dato vita al Patto d’azione e si è riproposto lo stesso schema.

Quello che è inaccettabile e che si vogliano lasciare i lavoratori e i giovani che si dicono comunisti senza coscienza politica, come se bastasse esprimere sentimenti contro la guerra, manifestare, però senza porsi il problema che la lotta contro la guerra significa lottare principalmente contro il nostro di governo della guerra, per costruire un fronte di opposizione. Si dice che il nemico è a casa nostra ma non si è conseguenti: nessuna proposta di lotta al complesso militare-industriale che è ben rappresentato da questo governo.
Ma non solo sulla questione del governo Meloni fascio-imperialista: anche la visione dell’internazionalismo che viene fatta non fa avanzare la coscienza dei lavoratori in primo luogo. Per gli organizzatori internazionalismo significa dare la parola a organizzazioni sindacali e a intellettuali, dal sindacato dei ferrovieri giapponese Doro Chiba, alla sud-africana General Industries Workers Union, all’ Angry Workers of the World del Regno Unito, all’United Front Committee for a Labor Party degli Stati Uniti, per non parlare di intellettual presentati dagli organizzatori per marxisti, come Alain Bihr che fa parte dell’ Unione Comunista Libertaria, Ricardo Antunes che è stato consigliere di Lula in Brasile, Yannis Thanassekos che ha sottoscritto un appello con cui, tra le altre cose, nel contrasto al “campismo” (posizione di settori del movimento che, in nome della lotta all’imperialismo USA/UE, sostengono il campo opposto, in questo caso quello russo) afferma il diritto all’autodeterminazione dei popoli “attraverso un processo democraticamente organizzato e monitorato a livello internazionale” (?), lo scioglimento della NATO (quanta fortuna ha questa parola d’ordine), chiedere il ritorno al tavolo dei negoziati (e a chi lo chiede?), spingere per un nuovo trattato paneuropeo, una nuova architettura di sicurezza europea che includa la Russia, nell’ambito della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (o di qualsiasi altro quadro adeguato) e sotto l’egida delle Nazioni Unite (!). Posizioni socialscioviniste ben descritte e combattute da Lenin.
Ecco, quando gli organizzatori parlano di internazionalismo non intendono legarsi alle lotte rivoluzionarie dei popoli, alle loro guerre antimperialiste o in lotta per il socialismo, ma creare legami con alcuni sindacati combattivi e con pseudo-intellettuali al servizio delle borghesie, del riformismo. Non l’unità tra proletari e popoli oppressi e le loro organizzazioni, primo fra tutti il partito comunista. E chi si dice comunista in questo paese – e in quell’assemblea milanese – non ha avuto niente da dire su questo?
Lavorare per lo sciopero generale non significa, per gli organizzatori, andare tra i lavoratori, davanti ai cancelli delle fabbriche, a fare iniziative per fare schierare gli operai innanzi tutto contro questa guerra per elevare la loro coscienza di classe, costruire dal basso un vero sciopero generale per bloccare la produzione e trasformarlo in sciopero politico e costruire la forza necessaria per rovesciare questo governo. Ancora una volta si salvano l’anima proponendo l’ennesima data dell’ennesimo sciopero generale, autoreferenziale, che non sposterà di un millimetro i rapporti di forza nel nostro paese.
I lavoratori che hanno fatto azioni dirette contro la guerra, come i portuali del Calp di Genova che hanno organizzato manifestazioni e scioperi per l’arrivo di navi cariche di armi, sono addirittura criticati dai promotori dell’assemblea per una frase in una piattaforma che parlava di Europa.
Quando parlano di lavoratori, i promotori intendono i propri, quelli organizzati dal loro sindacato SiCobas.
E di quali “forti argomenti, ad un tempo di genere e di classe” a sostegno della parola d’ordine: “niente più figli per le vostre guerre” si sarebbe fatto promotore il Comitato 23 settembre? “L’allarme sul calo delle nascite… è parte integrante del programma di avere forze affidabili per le guerre future… lavorare per favorire il rifiuto di un ordine sociale che ci impone di fare figli condannati allo sfruttamento, per garantire la sopravvivenza di quel sistema di oppressione fondato sul capitalismo e sul patriarcalismo…”
Giusta la riflessione sulla questione dell’oppressione delle donne nei contesti di guerra, il problema è che è stata assente un lavoro, una indicazione, per un protagonismo delle donne e delle donne proletarie in particolare. controil governo Meloni, fascista, sessista, razzista che sta attaccando pesantemente la condizione delle donne e che rovescia l’economia di guerra su di esse.

L’assemblea di Milano avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di definire un percorso di lotta unitario contro la guerra, invece le uniche decisioni che ha preso sono state la partecipazione alla manifestazione di Ghedi, “aprire un confronto” con il Comitato No Base di Coltano e costruire lo sciopero generale del sindacalismo di classe e combattivo.

Da quelle premesse l’assemblea/convegno ha tradotto il tutto in una autoreferenzialità che è un ostacolo all’effettiva unità di un fronte organizzato contro la guerra.

L’opuscolo che abbiamo diffuso e citato nell’intervento all’assemblea che ha ripreso Lenin de “Il socialismo e la guerra” si è dimostrato l’arma necessaria da assimilare tra le avanguardie di lotta, tra i giovani comunisti, da usare per combattere posizioni opportuniste, scioviniste e antimarxiste. Come comunisti abbiamo solo un compito – e per questo Lenin dev’essere la nostra guida di combattimento, il grande dirigente comunista che ha sottratto all’infame carneficina della guerra i soldati, il proletariato e le masse russe e li ha condotti alla conquista del potere politico – quello di lavorare per trasformare la guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria.

Una linea, un’indicazione, che l’assemblea dell’11 di Milano non ha assunto e inteso seguire.

a cura dei compagni intervenuti all’assemblea 

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Stellantis Pomigliano la lotta continua

Informazione da Stellantis Pomigliano

1La lotta a Pomigliano è continuata… sabato 24 giugno 8 ore di sciopero Per ogni turno di lavoro

Lottiamo contro intollerabili le strategie aziendali di super sfruttamento dei lavoratori incrementando produzione e ritmi di lavoro a danno dell’ insieme dei diritti e delle tutele non riteniamo accettabile il prospettato killeraggio discriminatorio dei lavoratori RCL (resi invalidi dalle insostenibili modalità lavorative) e tenuti da anni a sotto-salario in cigs con zero prospettive lavorative future.

Respingiamo la logica per cui l’azienda possa scegliersi i suoi “sindacati di comodo” per fare accordi sulla pelle dei lavoratori impedendo tra l’altro qui a Pomigliano libere elezioni sindacali in fabbrica ormai da anni con la complicità attiva di tutti i sindacati, firmatutto o non.

2) L’AZIENDA HA MOBILITATO BEN 4 TURNI DI LAVORO ED ALCUNE CENTINAIA DI TRASFERTISTI DAGLI ALTRI STABILIMENTI PER FAR FRONTE AL 75% DI ADESIONE ALLOSCIOPERO SUL 1° TURNO DELLA PANDA. CONVOCATI INOLTRE AL 1° TURNO TUTTI I COORDINATORI TEAM LEADERS DEI REPARTI DI TUTTI I TURNI DEI MODELLI PANDA E TONALE PER FAR FRONTE ALL’ ELEVATA DIFETTOSITÀ IN CONSEGUENZA DELL’ASSEGNAZIONE A LAVORATORI DI ALTRE PRODUZIONI DI MANSIONI MAI SVOLTE PRIMA: IL PARADOSSALE “RECUPERO DELLE VETTURE RECUPERATE”…

Ma chiaramente questo significa ammettere che lo sciopero è riuscito e che la lotta continua

Ricevuto da Slai cobas pomigliano

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Acciaierie d’Italia /appalto Taranto — Noi lavoriamo per la scintilla che accenda la prateria

L’incontro a roma del 19 giugno che ha riguardato anche la vertenza di Acciaierie d’Italia.ha dimostrato che i padroni possono fare quello che vogliono e l’azione del governo è di loro mero supporto.

Il governo ha ripetuto le stesse cose di sempre. “Abbiamo chiesto – dice Urso – agli investitori di scommettere sul rilancio industriale delle Acciaierie”. Ma il rilancio industriale delle Acciaierie di cui parlano e a cui ArcelorMittal pensa è un rilancio produttivo sulla pelle dei lavoratori, un rilancio in cui i padroni avranno mano libera in materia di condizioni di lavoro, di gestione della cassa integrazione, con tutti gli effetti che questo ha sul salario e sui diritti dei lavoratori, come sulle condizioni di salute e sicurezza.

I piani di Acciaierie d’Italia sono tuttora sempre nelle mani di ArcelorMittal, che ciò che vuole fare lo fa – con lo stile della Ad Morselli -, vale a dire andando avanti per la sua strada, e questo sul fronte della cassa integrazione si traduce in cassa integrazione unilaterale, di cui strada facendo si cambiano anche le motivazioni ma che hanno il solo scopo di permettere all’azienda di fare quello che vuole.

L’alternativa posta dai sindacati, che trova sponda in Federacciai e anche nello stesso governo – almeno a parole – è quella che lo Stato vada avanti nel cambio di una governance, con la salita al 60%. Ma lo stesso governo chiarisce che si tratta di una salita solo temporanea per poter riconsegnare l’intero stabilimento ai padroni. Se non sarà ArcelorMittal – che però ha detto di essere già intenzionata ad esercitare il suo diritto di prelazione – sarebbe un altro padrone dell’acciaio.

Quindi il passaggio nelle mani temporanee dello Stato attraverso la salita al 60% da parte di Invitalia non avrebbe altro scopo che il solito: socializzare le perdite per permettere una piena ripresa della produzione per il profitto dei padroni, chiunque siano. Il governo mette i soldi pubblici e i privati dovrebbero continuare ad esercitare il controllo effettivo dell’azienda.

Su questo ArcelorMittal insiste, attraverso la questione della Morselli che, peraltro, ha un buonissimo rapporto con il governo (ogni volta che la Morselli ha occasione di parlare della Meloni ne fa un elogio sperticato fino all’ammirazione e viceversa; tanto che – come scrive la stampa – nel caso dovesse passare la mano nella gestione delle Acciaierie d’Italia, sarebbe per incarichi superiori, sempre all’interno dei piani dei padroni e governo).

Gli effetti sui lavoratori continuano e continueranno ad essere gli stessi: una cassa integrazione unilaterale e permanente che taglia i salari, con numeri che saranno i futuri esuberi.

Soprattutto la questione dei salari è grave. Lo Slai Cobas psc fin dal primo momento, consapevole che questa è la strada scelta da padrone, ha sostenuto la linea della difesa del salario attraverso l’integrazione della cassa integrazione che dovrebbe riguardare tutti i lavoratori in cigs, sia di Acciaierie sia dell’Appalto.

Ma solo lo Slai Cobas psc ha sostenuto questo! Mai sui tavoli effettivi delle trattative questa rivendicazione è stata posta, salvo poi lamentarsi che i salari sono scesi tra 900 e 1000 euro al mese.

A fronte della drammaticità della situazione non c’è nessuna risposta di lotta all’altezza. Anche quando viene alzata la voce sulla denuncia di quello che avviene, vedi in questi ultimi giorni sulla cassa integrazione, la risposta dei sindacati confederali – USB compresa – non è mai lo sciopero, il blocco della produzione.

Il grande sciopero, quello del 6 maggio dello scorso anno, che si sviluppò con una forte partecipazione e soprattutto contestazione diretta alla Morselli, è rimasto un fatto episodico. Eppure lo sciopero del 6 maggio era la strada giusta, è la risposta anche per oggi: il blocco generale della produzione, effettivo, i cortei all’interno all’esterno, il blocco delle strade, il blocco della città.

Ma predichiamo nel deserto. Anche rispetto all’utilizzo della cassa integrazione unilaterale, i sindacati parlano ancora – e solo – al massimo di un’impugnativa legale per i giorni eventualmente scoperti che ne rimangono tra la decisione del governo di estendere la cassa integrazione fino a fine dicembre contenuta in un nuovo decreto – che peraltro non è ancora effettivo – e la decisione dell’azienda di procedere comunque alla cassa integrazione da subito anche senza il provvedimento di copertura.

Quindi che senso hanno rispetto a questa situazione gli scioperi pilotati (del 7 e 10 luglio) dichiarati da Fim-Fiom-Uilm? Peraltro lasciati all’autogestione delle organizzazioni sindacali territoriali che non hanno pressoché mai dato dimostrazione di voler effettivamente una lotta dura? Poi, di quale lotta si parla, quando nelle Acciaierie di Taranto Fiom e Fim hanno firmato un accordo separato che dava questa possibilità all’azienda, ma i sindacati che non l’hanno firmato non sono stati conseguenti, non hanno aperto lo scontro, anzi hanno usato le assemblee per cercare di ricucire, invece di chiamare i lavoratori a scioperare, a isolare i sindacati che avevano firmato l’accordo-bidone..

Nelle fabbriche è evidente che conta solo riuscire a far ripartire gli scioperi dal basso, una strada difficile in una condizione di ricatto e di disorganizzazione dei lavoratori. Ma se non si intraprende questa strada, aumenterà il ricatto, aumenterà la disorganizzazione dei lavoratori. Meglio uno sciopero dal basso minoritario che rompa la pace sociale e apra una strada che gli scioperi pilotati su piattaforme concertative di Fim-Fiom-Uilm.

Acciaieria, Appalto, Stellantis ecc contengono tutte le contraddizioni del sistema capitalista, dello scontro tra padroni e classe operaia, tra classe e Stato del Capitale. Questa è una prateria e questa prateria ha bisogno di una scintilla che l’accenda. In questo senso gli scioperi come quelli fatti a Pomigliano possono essere la scintilla che accenda la prateria.

Noi lavoriamo innanzitutto per la scintilla che accenda tutta la prateria, non per accompagnare con alte grida i piani dei padroni e il governo verso la fine che è nota, ma per sviluppare una nuova fase dello scontro di classe, dell’organizzazione degli operai adatta allo stadio attuale dello scontro di classe.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

27 giugno 2027

Pubblicato da maoist

Una grande campagna internazionale dal 1 luglio

1° luglio,

per tutto il mese di luglio campagna internazionale in onore dei martiri della rivoluzione in India e nelle Filippine, così come per la libertà dei prigionieri politici e a sostegno delle gloriose guerre popolari che si sviluppano in India e nelle Filippine.

Il Comitato Internazionale di Sostegno alla Guerra Popolare in India invita tutto il proletariato mondiale, le organizzazioni rivoluzionarie e democratiche a partecipare attivamente dal 1° luglio alla Campagna Internazionale in onore dei martiri della rivoluzione in India e nelle Filippine, per la libertà dei prigionieri politici e a sostegno delle gloriose guerre popolari che si sviluppano in India e nelle Filippine.

Questa campagna deve rendere omaggio a tutti i compagni che hanno dato la vita per la rivoluzione. Tra i grandi martiri della Rivoluzione Proletaria Mondiale c’è il compagno Azad del PCI (Maoista) dell’India.

Il 1° luglio 2010, il compagno Azad è stato rapito nella città di Nagpur, da lì è stato portato nel distretto di Adilabad, nello stato indiano dell’Andhra Pradesh, vicino al Maharashtra, e lì è stato brutalmente assassinato.

Il lavoro del compagno Azad non è stato importante solo per gli Adivasi, i dalit, i contadini egli operai dell’India, ma la sua impronta rivoluzionaria è bensì presente tra il proletariato cosciente di tutto il mondo.

I crimini dello Stato indiano contro l’avanguardia del proletariato non saranno mai dimenticati.

Come in India, nelle Filippine i compagni Ka Laan e Ka Bagong Tao sono stati rapiti e uccisi dallo Stato borghese filippino. Essi, come tanti altri uomini e donne rivoluzionari, sono martiri che hanno sacrificato la loro vita per il popolo, per la rivoluzione, per l’abolizione delle classi nel comunismo.

È importante che il proletariato dei diversi paesi del mondo ricordi la luminosa storia del MCI, come le donne e gli uomini comunisti hanno saputo sacrificare le loro vite per trasformare un mondo che nell’epoca dell’imperialismo è sempre sotto il pericolo della distruzione dell’umanità.

Né possiamo dimenticare i compagni che subiscono la repressione e la tortura nelle prigioni di sterminio dei governi fascisti dell’India e delle Filippine. La nostra lotta deve essere instancabile, per ottenere la loro immediata liberazione.

Dal 1 ° luglio alla Settimana dei Martiri del 28 luglio facciamo appello a realizzare incontri, azioni di ogni tipo nei pressi di ambasciate, consolati e altre istituzioni nazionali e internazionali simili secondo le condizioni nazionali e locali, così come tutti i tipi di iniziative militanti nelle fabbriche, quartieri popolari, università, associazioni e centri sociali per informare e dimostrare la nostra solidarietà proletaria con i prigionieri politici e con la guerra popolare in India e nelle Filippine, così come il nostro omaggio a tutti i martiri della rivoluzione proletaria mondiale.

I martiri della rivoluzione non saranno mai dimenticati!

I martiri sono la bandiera rossa della Rivoluzione Proletaria Mondiale!

Libertà immediata per tutti i prigionieri politici in India e nelle Filippine!

Viva la guerra popolare in India!

Viva la guerra popolare nelle Filippine!

Comitato internazionale di sostegno della guerra popolare in India

info/ adesioni/ contatti/ materiali diretti disponibili in inglese /italiano

csgindia@gmail.com

Pubblicato da maoist 

Daniela Santanchè: la tipica imprenditrice Made in Italy… si’, ma anche fascista/razzista/ e qui e ora soprattutto MINISTRO del governo fascio/padronale della Meloni!.. o no?

da infoaut

sabato 24 giugno 2023

Un’inchiesta di Report ha scoperchiato il vaso di pandora mettendo insieme vicende in parte note sulla vita imprenditoriale di Daniela Santanchè: alti guadagni per i manager, lei ed ex consorte, dipendenti licenziati che attendono ancora il pagamento di fine rapporto; cene regali per chi comanda e fornitori finiti sul lastrico con buona pace del made in Italy, ipotesi di falso in bilancio, scatole cinesi e impiegati che lavorano mentre sono in cassa integrazione.

Open to Merdaviglia. Mentre la nostra veniva invitata in televisione ad inveire contro poveri e migranti, contro il Reddito di Cittadinanza e qualsiasi misura in grado di rendere il lavoro un po’ più degno, la stessa, a quanto pare, si esercitava nella violazione di più o meno ogni legge riguardante l’imprenditoriaed i rapporti di lavoro. Non dovrebbe stupire, la Santanchè è di fatto l’epitome di una buona parte dell’imprenditoria italiana, parassitaria e incline allo schiavismo.

Il punto è proprio questo, che una parte considerevole del famoso Made in Italy, e soprattutto dell’indotto turistico si basa su una logica predatoria che distrugge i territori ed impoverisce. Oggi molti chiedono chiarimenti, magari gli stessi che per anni hanno condiviso i banchi parlamentari con la Santanchè, ma appena qualche mese fa il limite di età per il contratto di apprendistato nei settori turistico e termale veniva innalzato da 29 a 40 anni, una legge ad personam per Santanché e la sua gang al fine di pagare poco e non assumere con contratti di lungo periodo lavoratori esperti. Legalizzando di fatto un altro strumento di vessazione della forza lavoro.

L’illegalità è solo un aspetto di questa vicenda ed è connaturata al capitalismo come sistema di sviluppo basato sul profitto ad ogni costo. Il problema è che molti, anche a sinistra, hanno pensato negli scorsi anni che inseguire questo modello della piccola e media impresa potesse salvare l’economia italiana dalla globalizzazione. Vane speranze, ciò che ha prodotto è solo un aumento del tasso di sfruttamento e la concentrazione delle ricchezze in sempre meno mani.

Forse oggi alcuni inizieranno a comprendere che quando imprenditori ed imprenditrici prestati alla politica aizzano la caccia ai poveri ed agli esclusi stanno solo difendendo i loro interessi e distraendo l’attenzione dal disastro culturale e politico in cui stanno sprofondando questo paese. Il vero Made in Italy è devastazione e sfruttamento nascosto dietro un Patria, Dio e Famiglia di cui ubriacare le masse. 

Pubblicato da maoist 

Testo dello Speciale ORE 12 Controinformazione rossoperaia del 23/6, su: maternita’ surrogata e annullamento atti di nascita di bambini


La controinformazione rossoperaia del lunedi’, mercoledi’, venerdi’ 
si può trovare anche su spotify

In questi ultimi giorni sono accaduti due fatti che mettono ben in luce la filosofia, l’ideologia di questo governo ma anche di questo Stato e di alcune sue istituzioni fondamentali.

Stiamo parlando della decisione della procura di Padova di annullare 33 atti di nascita di bambini nati da coppie di genitori omosessuali, perchè dovrebbe essere per loro registrato solo il cognome della madre biologica; e nello stesso tempo il fatto che alla Camera è iniziata la discussione sulla proposta di legge sulla maternità surrogata, per rendere il divieto di maternità surrogata reato universale.

Questi due fatti non sono distinti, non è un caso che avvengano negli stessi giorni, addirittura nella stessa giornata; non è un caso perché sono stati anticipati già nelle settimane, anche mesi precedenti da dichiarazioni di ministri del governo, in particolare del ministro Lollobrigida, della ministra Roccella e, più recentemente, di Salvini.

Sono state dichiarazioni che hanno ripreso in una maniera ancora più determinata la concezione e lapratica dell’ideologia “Dio/Patria/Famiglia” che in particolare è rivolta contro le donne per affermare una concezione da moderno Medioevo della condizione delle donne.

Tempo fa – a proposito della richiesta della Procura di Padova (per cui purtroppo nei giorni successivi e anche in queste ore è emerso che non rimarrà affatto isolata, quasi sicuramente altre Procure già si stanno dando da fare perché vengano annullate le registrazioni dei bambini nati da coppie omosessuali) – nelle settimane precedenti, la ministra Roccella aveva detto che le coppie gay, lesbiche, non possono spacciare i loro bambini per i propri figli e addirittura si era anche parlato di “pedofilia” per coloro che volessero bambini non generati da un padre e una madre. Padre e madre che peraltro devono essere italiani, bianchi, come ha riaffermato recentemente Salvini.

Ciò che unisce questi fatti è una grossa ipocrisia, per spacciare tra le masse la legittimità di queste azioni; èuna grossa ipocrisia che viene fatta in nome dei bambini. E’ qualcosa di disgustoso usare i bambini per togliere dei diritti a tutta una serie di persone e di realtà Lgbt; è un ipocrisia squallida e vergognosa perché in realtà questo governo – non solo ora ma sempre più ora – ha voltato la faccia dall’altra parte quando, quasi negli stessi giorni, centinaia di bambini sono affogati, perché nessuno dei paesi – compresa l’Italia – ha voluto soccorrerli e questi bambini sono morti.

Allora, in nome di quali bambini parlano?

In realtà questa proposta della Procura di Padova, spalleggiata da una campagna di esponenti del governo, vuol dire rendere i bambini come dei desaparecidos, cioè bambini che non devono essere riconosciuti, non devono essere registrati per la loro identita’, devono “sparire”. E allora che differenza c’è tra l’Italia e i paesi in cui per anni c’è stato un problema di bambini desaparecidos?

Così c’è una grande ipocrisia anche per quanto riguarda la questione della maternità surrogata. Su questo il governo usa una demagogica e falsa “difesa” delle donne povere, delle donne del terzo mondo, attaccando la maternità surrogata come sfruttamento dei corpi delle donne.

Apparentemente sembrerebbe a tutela delle donne, in realtà non è affatto così. E anche attraverso questa “Controinformazione rossoperaia” noi chiamiamo tutte le donne, le compagne, le femministe, a non cadere in queste trappole, a respingere ciò che in realtà è un attacco che vuole unicamente portare avanti una repressione verso le donne, anche verso quelle povere, sfruttate; in una situazione in cui lo Stato, l’imperialismo, di queste donne non se ne occupano affatto, anzi, le vede morire, porta avanti guerre come quella in Ucraina che vede soprattutto donne e bambini vittime delle loro armi, anche dell’imperialismo italiano che manda quantità enormi di queste armi che uccidono.

Quindi, anche qui ci troviamo di fronte in realtà niente affatto a una difesa delle donne, ma invece ad imporre una concezione per cui ciò che conta non è la vita delle “povere donne sfruttate”, ma ciò che conta è il fatto che l’embrione, che il feto valgono di più delle decisioni delle donne; e con questa proposta di legge si vuole colpire non solo chi compra il corpo delle donne perché portino avanti una gravidanza per gli altri, ma anche le stesse donne che portano avanti questa maternità surrogata.

E non è un caso che questa proposta di legge dove essere inserita nella legge 40 sulla fecondazione assistita.

Questa legge a suo tempo fu da noi – ma non solo da noi – attaccata perché era fondata tutta sulla concezione per cui le donne, le persone, le coppie non avevano alcun diritto di decidere della propria vita e che l’embrione è molto più importante, ha più diritti l’embrione piuttosto che le donne e le persone. Una legge che tra l’altro è stata dichiarata anticostituzionale negli articoli che vietano l’accesso alla procreazione medicalmente assistita alle coppie omosessuali femminili.

Ma ora la maternità surrogata la si vuole inserire in questa legge, in nome di quella becera e antiscientifica concezione.

Pertanto la prima questione che vogliamo porre, è che il primo fronte di lotta, è quello di dire NO a questa proposta di legge sulla maternità surrogata, per dire NO a quello che c’è dietro a questa proposta di legge.

Nei giorni scorsi ci sono state alcune utili dichiarazioni, utili sintesi, di quello che esprimono sia la decisione della Procura di Padova sia questa sulla maternità surrogata. Su Repubblica una scrittrice, Chiara Valerio, ha parlato di “fascismo del sangue” a proposito dell’annullamento degli atti di nascita dei bambini nati da coppie omogenitoriali. E, in effetti, è così! Quello è fascismo! Si considera che ciò che vale non sono le persone reali, i rapporti tra queste persone, anche tra donne e donne, uomini e uomini e bambini ma quello che vale sarebbero i “legami di sangue”. Ciò che conta, quindi, è da chi nasci e non i rapporti che poi si sviluppano nella vita concreta. “Il sangue – scrive Chiara Valerio – che stabilisce parentele, gerarchie, eredita’, tradizioni. Il sangue che consente di mantenere i privilegi. Il privilegio che è l’opposto e il contrario del diritto. Il fascismo, ancora prima di una ideologia, di una memoria, dell’apologia di un reato, è una pratica”.

Questaposizione porta inevitabilmente al razzismo. Poi, quali legami di sangue? Quello di persone bianche, di persone occidentali, che devono essere un uomo e una donna. Quindi tutto ciò che non è questo non solo viene considerato negativamente – qui ci potrebbero essere vari giudizi – ma viene represso. E’ questo il problema.

Tempo fa sulla questione della maternità surrogata c’è stata una definizione abbastanza centrata, fatta in questo caso dal segretario dell’organizzazione del partito “+Europa” da cui siamo molto, ma molto distanti, che però ha detto una cosa giusta: si tratta di una norma da Stato di polizia etico”. Ed è così. L’intervento dello Stato sta portando avanti quel discorso che già aveva fatto Lollobrigida a proposito della sostituzione etnica.

Percui da un lato deve essere vietata la decisione delle donne, delle persone, dall’altro si riafferma che i bambini nati devono essere di una certa “razza”.

Noi sappiamo bene che, per quanto riguarda la questione della maternità surrogata, in generale in questo sistema sociale è frutto di sfruttamento violento del corpo delle donne, espressione di una inaccettabile disparità che è soprattutto di classe. E’ chiaro che si tratta di un rapporto mercificato: c’è chi compra perchè ha i soldi e c’è chi vende perchè ha bisogno di soldi, non è affatto un rapporto di volontà alla pari. E questo non ci può essere in un sistema sociale come questo basato sulla divisione in classe, in cui la maggioranza delle donne, proprio le donne proletarie, le donne più povere, sono condizionate e oppresse nelle loro scelte, nelle loro condizioni di vita. In ogni caso, anche in una relazione non costrittiva, il proprietario del futuro bambino e la donna stanno inevitabilmente su due piani diversi: chi ha deciso, chi ha posto le condizioni e chi fa figli per gli altri.

Non è questo in discussione. La maternità surrogata, in generale, nella stragrande maggioranza dei casi, avviene sfruttando la povertà delle donne e soprattutto delle donne dei paesi oppressi dall’imperialismo. Ma quello che in questo caso noi vogliamo mettere in evidenza è che quello che vuole fare il governo non c’entra assolutamente niente col rispetto al corpo delle donne, tant’è che contemporaneamente questo governo, insieme ai padroni e ai mass media, stanno portando avanti una campagna sulla natalità – su questo abbiamo già abbastanza detto, almeno una parte delle questioni in una precedente Controinformazione rossoperaia sugli “Stati generali della maternità”; cioè una campagna che vede le donne solo come “macchine di riproduzione” che devono fare figli su figli, perché servono braccia nuove da sfruttare dal Capitale, perché servono corpi per la guerra; e le donne vengono pesate, al massimo si dà qualche bonus, in base a quanti figli producono, a quanti figli hanno. Quindi, figurarsi se questo governo può, nella sua denuncia dello sfruttamento dei corpi delle donne, stare dalla parte delle donne, quando in realtà questo governo vuole rendere le donne mere riproduttrici.

Per non parlare del fatto che con i licenziamenti, la cassa integrazione, l’ultra-precarietà, il togliere il reddito di cittadinanza – gran parte di questo reddito veniva anche preso dalle donne – questo governo non può minimamente dire di difendere i diritti delle donne.

Noi dobbiamo avere una posizione chiara contro il governo, contro questa ideologia a azione conseguente. Una ideologia, e prassi, che non è diversa affatto dall’attacco al diritto d’aborto. Sgombriamo il campo. Non è che da un lato la questione di “difendere i figli” o togliere i figli, non riconoscere i figli delle coppie omosessuali, far diventare reato universale la maternità surrogata, sarebbero a difesa non sappiamo di chi, dall’altra vi è l’attacco al diritto d’aborto,per cui è chiaro e scontato anche nell’opinione pubblica che il governo vuole colpire le donne e tornare indietro di 50/60 anni. Si tratta di questioni strettamente legate, interne alla stessa ideologia. che giustamente anche democratici, intellettuali, chiamano “fascismo”.

Su questo dobbiamo essere chiari e non farci assolutamente deviare.

Pubblicato da fannyhill 

Manifestazione alla RheinMetall Spa a Roma – da generalizzare contro le maggiori industrie della guerra – Da ORE 12 Controinformazione rossoperaia del 23/6


Esprimiamo la massima solidarietà alla manifestazione di Roma indetta del Coordinamento Sanità regionale, dal Movimento al diritto dell’abitare e della Rete dei comitati e dei collettivi di lotta. E’ stata un’importante manifestazione perché si è tenuta davanti alla RheinMetall Spa.

Cos’è questa RheinMetall Spa? È una delle maggiori industrie della guerra, della morte e della distruzione. È collocata nella cosiddetta Tiburtina Valley che è uno dei maggiori poli produttivi del comparto militare industriale in Italia. Come dice il manifesto di convocazione: “RheinMetall sta fornendo a un cliente internazionale due sistemi di difesa aerea Skynex… il sistema, del valore dicirca 182 milioni di euro, sarà consegnato all’inizio del 2024”(dal sito aresdifesa).

Questo tipo di sistema aereo – riporta la Repubblica del 9 maggio – viene definito come “l’arma segreta di Kiev”, nel senso che è stata prodotta nella riservatezza più totale, con intesa top secret tra più nazioni.

Si può ben capire innanzitutto il ruolo che vanno a sviluppare le industrie belliche collocate nel nostro paese, col sostegno pieno del governo, di cui il Ministro della Difesa è un uomo legato alla lobby dell’industria bellica ed è una parte integrante del sistema industriale-militare del nostro paese.

Il secondo elemento che va messo in evidenza è che al costo del pezzo di 180 milioni di euro a quanti “pezzi” di morte e distruzione si può rinunciare per rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale, l’edilizia popolare, la scuola, il reddito, il lavoro?

Riteniamo che questo tipo di manifestazioni siano importanti, vanno generalizzate presso tutte le industrie della guerra, in primis la Leonardo ad esempio, ma anche la Fincantieri, eccetera.

Così come vadano informate le masse popolari di quanta parte dell’economia di guerra sia di sottrazione della spesa sociale.

Sosteniamo tutte queste manifestazioni, organizziamole dove siamo presenti. Le riteniamo più importanti delle “sfilate del sabato” che non ci sembrano la forma adatta, nello stadio attuale dello scontro rispetto alla guerra imperialista nel nostro paese, con cui possiamo colpire l’industria bellica e il governo della guerra e nello stesso tempo dare indicazioni giuste alle masse per la loro mobilitazione autonoma.

Pubblicato da fannyhill

Guerra in Ucraina – sugli avvenimenti in Russia

Comunicato 

La Wagner mercenaria di Prigozhin passa con Zelenskj/Usa/Nato/governi Ue. 

L’imperialismo russo prima arma i mercenari nell’invasione dell’Ucraina e ora paga il costo di questo. 

Non è guerra civile ma golpe Usa/Nato.

Il regime imperialista russo mostra la sua natura di tigre di carta e l’imperialismo Usa/Nato/governi UE-Italia compresa – avanzano ancor più verso la guerra imperialista mondiale. 

Noi siamo per la guerra civile in Ucraina come in Russia, ma dei proletari contro il governo reazionario capitalista di Zelenskyj e gli imperialisti Usa/Nato/Ue, e dei proletari russi contro il regime borghese del nuovo zar Putin e dei mercenari di Prigozhin, fascisti e al servizio del miglior offerente. 

Noi siamo per la fraternizzazione tra soldati ucraini e russi contro la guerra.

Siamo per l’unità internazionalista tra proletari russi e ucraini.

In Italia siamo contro l’imperialismo italiano contro il governo della guerra Meloni/ alleato e al servizio dell’imperialismo Usa/Nato/Ue, contro l’economia di guerra scaricata su proletari e masse popolari.

proletari comunisti – 24 giugno 2023

Pubblicato da maoist 

Mobilitazione delle operaie della Beretta e degli operai MD l’unità rende più forte la lotta!

da slai cobas per il sindacato di classe

Articolo video e foto al seguente link

https://cobasperilsindacatodiclasse.blogspot.com/2023/06/milano-21-giugno-dalle-operaie-beretta.html?m=1

Si è tenuta oggi (ieri) l’udienza per il ricorso contro l’appalto “The Workers” al Salumificio Beretta di Trezzo. L’udienza è stata interlocutoria, i testi ascoltati non decisivi, il ricorso si aggiorna al 5 di ottobre. 

Le operaie dell’appalto Beretta di Trezzo in sciopero e in presidio al tribunale di Milano, hanno portato avanti una giornata di mobilitazione per denunciare come, il cambio appalto del 2022 al Salumificio – operazione di immagine per scaricare tutte le irregolarità e violazioni sulla cooperativa precedente ed uscirne con la faccia pulita, buona per i cartelloni pubblicitari del ‘Viva la mamma’ – in fabbrica abbia lasciato tutto come prima! 

Mpm, la nuova appaltatrice, è solo intermediazione di manodopera, il potere direttivo resta saldamente nelle mani di Beretta, l’appalto è lavoro senza diritti, senza garanzie, per tenere sotto ricatto le operaie, e continua il lavoro povero con lo schifoso CCNL Multiservizi, pagato 400 euro in meno delle dipendenti Beretta inquadrate con il CCNL Alimentari benchè facciano la stessa mansione nello stesso reparto! Un vero e proprio apartheid salariale dentro la Beretta spa, all’ombra dei sindacati confederali e degli enti di controllo.

Da qui le rivendicazioni “basta appalti, basta Multiservizi, con l’assunzione diretta Beretta, l’inquadramento unico con il CCNL Alimentari per tutte le operaie della fabbrica”, lanciate in questa che sarà una campagna prolungata, per unire le operaie, le lotte, e contro la repressione.

Una mobilitazione quella di oggi nel segno delle piena piena solidarietà ai lavoratori di Mondo Convenienza, che a Firenze, Roma, Bologna, organizzati dal Si.Cobas, scioperano e resistono alla repressione delle forze dell’ordine, delle squadre di picchiatori organizzate dalla cooperativa. Perchè la repressione non spegne, ma alimenta le lotte! 

https://drive.google.com/file/d/1cHWHTs34J-UNMBP1TQityA0SwYafzWd2/view?usp=sharing

https://drive.google.com/file/d/1c7Q3LRp7ydJZe3vOeS3GFLk5tD9_1J08/view?usp=sharing

https://drive.google.com/file/d/1c86DfwfFI7PkqQLS48AdreSvkBL139j1/view?usp=sharing

E lottano contro una paga da fame, turni di 12/14 ore, straordinari non pagati, ritmi insostenibili di lavoro, con pericolo per la salute e la sicurezza, lottano contro gli appalti e il CCNL Multiservizi.

Gli appalti sono un vero e proprio sistema di moderno caporalato, retto dai contratti e dagli accordi di Cgil Cisl Uil, e da norme che il fascista governo Meloni ha ulteriormente liberalizzato ‘per lasciare mano libera ai padroni di sfruttare e fare profitti’. 

Un sistema che chiede, come hanno scritto i lavoratori Slai cobas sc del magazzino MD di Cortenuova, della coop Saga, in lotta per i diritti, il salario, contro il sistema dei padroni, ‘l’unità di tutti i magazzini’.

I lavoratori MD, sono al fianco delle operaie Beretta, che denunciano e si ribellano alle repressione antisindacale della committente che non vuole riconoscere lo Slai Cobas sc; “i lavoratori hanno scelto lo Slai Cobas, MD non può dirci quali sindacato prendere” dicono i lavoratori.

Al presidio stamattina hanno partecipato anche lavoratori del Si.Cobas e Cub, organizzazioni presenti nel magazzino MD.

Pubblicato da fannyhill 

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