Meloni/Piantedosi firmano un nuovo Memorandum con la Libia per bloccare le partenze dei migranti

con più repressione, lager, torture. Con i profitti dell’ENI sempre al centro.

Dopo il crimine di Cutro – strage di Stato rivendicata dal governo e su cui è in corso un’inchiesta della magistratura -, dopo avere umiliato persino i famigliari dei superstiti, dopo il Decreto razzista e xenofobo che inasprisce le espulsioni dei migranti, oggi la firma dell’ennesimo Memorandum con il diretto rappresentante libico, il capo delle milizie oggi ministro degli Interni, Emad Trabelsi, «uno dei peggiori violatori dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale in Libia»

Meloni “ha espresso apprezzamento per gli sforzi compiuti dalle autorità libiche nelle operazioni di salvataggio in mare e nel contenimento delle partenze irregolari”.

Il Ministro dell’interno Piantedosi ha sottoscritto a Palazzo Chigi con il suo omologo libico Trabelsi una “Dichiarazione d’Intenti”.

Da specialelibia.it: “Emad Trabelsi capo delle milizie di Zintan, nominato dal Primo Ministro Abdel Hamid Dabaiba nel novembre 2022, ministro dell’Interno nel suo governo di Unità Nazionale, ha annunciato il varo di un piano di sicurezza per mettere in sicurezza i confini, i porti e il deserto per combattere il contrabbando e preservare le capacità della Nazione.

….Il curriculum di Trabelsi è noto agli addetti ai lavori. Con la sua storia, è uno di quei personaggi chepuò decidere quando aprire e quando socchiudere le rotte dei barconi e quelle di altri traffici illeciti.

Il suo è il dicastero chiave per il controllo delle milizie e degli affari che tengono insieme i traffici di petrolio, migranti, armi, controllo del territorio e rapporti con i salotti europei. Il ministero inoltre dispone di una sua “guardia costiera” e di milizie affiliate, travestite da polizia territoriale, che a loro volta controllano i campi di prigionia dei migranti e decidono quando chiudere un occhio davanti alle coste e quando ostacolare i trafficanti concorrenti.

Già nel 2018 il dipartimento di Stato Usa (presidenza Trump) nel rapporto annuale sulle violazioni dei diritti umani nel mondo confermava una ricostruzione del gruppo di esperti Onu sulla Libia. Tra i nomi c’era quello dell’ambizioso Trabelsi, indicato come «comandante della Forza per le operazioni speciali di Zintan, nel frattempo nominato a capo della Direzione generale della sicurezza». Secondo le accuse, Trabelsi è stato «beneficiario di fondi ottenuti illegalmente».

Gli esperti Onu spiegavano che il capo milizia aveva imposto un tariffario per i transiti sul suo territorio: «5.000 dinari libici (3.600 dollari) per ogni autocisterna contenente prodotti petroliferi contrabbandati attraverso i posti di blocco sotto il suo controllo nel nord-ovest della Libia». Dopo aver pagato il “pedaggio” in contanti agli uomini di Trabelsi, ha rivelato Sergio Scandura per Radio Radicale pochi giorni fa, gli idrocarburi potevano entrare illegalmente in Tunisia. Un giro d’affari da decine e decine di milioni di euro all’anno.

Quando Emad Trabelsi ebbe il suo primo incarico di governo, passando da sceriffo di confine a sottosegretario agli Interni, il capo della Commissione nazionale per i diritti umani in Libia (Nchrl), Ahmed Hamza, protestò con il premier Dbeibah affermando che l’uomo dei clan di Zintan «è uno dei peggiori violatori dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale in Libia».

da agenzianova

Riguardo alla questione migratoria, secondo una bozza di protocollo d’intesa tra il Viminale e il ministero dell’Interno libico pervenuta ad “Agenzia Nova” da fonti libiche prevede, prevede al suo primo articolo lo “scambio di informazioni e competenze sul contrasto al traffico di esseri umani”, nonché la “prosecuzione della formazione” degli ufficiali della Guardia costiera libica, secondo un “meccanismo da concordare successivamente”. La bozza del memorandum, che è ancora in fase di trattativa e revisione, include inoltre la “prosecuzione della consegna di navi e attrezzature marittime alla Libia”, oltre allo “svolgimento di esercitazioni congiunte in mare e la fornitura di sostegno tecnico e logistico al Comando delle Guardie costiere della Libia”, inclusi “droni, apparecchiature di comunicazione wireless, telecamere e dispositivi di tracciamento”. La bozza dell’intesa prevede anche la “revisione di speciali misure di sicurezza per proteggere i confini meridionali della Libia e monitorare le rotte del deserto che portano i migranti illegali nelle città costiere”.

Nel suo secondo articolo, la bozza del memorandum d’intesa sulla sicurezza tra Italia e Libia che dovrebbe essere firmato a Roma “impegna le due parti ad avviare iniziative di cooperazione, in accordo con le intese raggiunte tra i due Paesi, (…) per ridurre l’afflusso di migranti irregolari, oltre a fornire i mezzi necessari per le operazione di salvataggio in mare, il rimpatrio delle salme e il sostegno alle istituzioni che operano in questo campo”. Al terzo articolo della bozza, la parte italiana si “impegna a continuare a fornire supporto tecnico e tecnologico alle forze di sicurezza libiche responsabili della lotta all’immigrazione clandestina”.

Da parte loro, i libici si impegnano al quarto articolo dell’intesa “a utilizzare le attrezzature e i materiali forniti dagli italiani esclusivamente da parte degli enti per il contrasto alle migrazioni irregolari, secondo quanto convenuto”. Il quinto articolo afferma che entrambe le parti si impegnano a realizzare un “programma di formazione per combattere la criminalità in tutte le sue forme”. Il sesto articolo prevede che un gruppo di lavoro congiunto segua tutte le questioni concordate, tenendo riunioni a rotazione ogni sei mesi. Entrambe le parti si impegnano poi, al settimo articolo, a risolvere eventuali future controversie attraverso le vie ufficiali. L’articolo otto della bozza stabilisce che “il presente protocollo è applicabile in conformità alle leggi italiane, libiche e internazionali”. L’articolo nove, infine, prevede che il protocollo “entri in vigore alla data della sua firma e abbia una durata di tre anni, e che possa essere automaticamente prorogato per lo stesso periodo (3 anni) in assenza di obiezione di una delle parti”.

La violazione dei diritti umani in Libia non è certo un problema per i profitti dell’ENI: 

La Libia firmerà un accordo da 1,2 miliardi di dollari con ENI. Probabilmente include finanziamenti per giacimenti offshore occidentali che la società ha annunciato sarebbero stati sviluppati all’inizio di quest’anno.

Governo imperialista Meloni in campo per i profitti di Eni gas sulla pelle dei migranti

Nelle dinamiche della guerra interimperialista collusione e scontro, in questo caso con gli interessi imperialisti della Francia sulla Libia… così per il governo Meloni generali assassini e criminali diventano interlocutori “rispettabili” e la  politica estera e quella  interna si collegano.

Sulla situazione segue un articolo del Manifesto

Altro che «piano Mattei», Meloni scopre la nuova “rispettabilità” di Haftar

Di Alberto Negri

Altro che “piano Mattei” per lo sviluppo dell’Africa, lastricato dalla retorica delle buone intenzioni e soprattutto dal business: la cosiddetta «emergenza dei flussi migratori» e la Libia spaccata in due (in tre con il Fezzan) dispongono il governo a trattare con tutti i grandi e i piccoli raìs nordafricani, inclusi o meno in varie liste criminali. Del resto, caduti nelle primavere arabe del 2011 gli autocrati di lungo corso come Gheddafi, Ben Alì e Mubarak, oggi restano i loro epigoni che non sono più soltanto carcerieri di migranti, come i loro predecessori, ma anche direttamente trafficanti di esseri umani che fanno cassa e impongono nuovi ricatti.

In questa schiera c’è Khalifa Haftar, ricevuto ieri dal premier Meloni a Palazzo Chigi e il giorno prima dal ministro degli esteri Tajani. Haftar era un protetto di Gheddafi che gli affidò la sanguinosa campagna del Chad negli anni Ottanta. Caduto in disgrazia dopo la disfatta libica di Wadi Al Dum, Haftar fu fatto prigioniero dai ciadiani, successivamente liberato con la mediazione Usa per poi trascorrere 20 anni di comodo esilio in Virginia dove ottenne la cittadinanza americana. Con la caduta di Gheddafi è tornato in Libia, accompagnato dai figli Saddam e Belgacem, diventando protagonista di tentativi di golpe e dell’”Operazione dignità” contro i jihadisti.

Nell’accogliente Virginia, per altro, un tribunale distrettuale nel 2022 lo ha condannato per crimini di guerra e contro l’umanità, perpetrati, secondo la denuncia di numerose famiglie libiche, durante la seconda guerra civile libica del 2019-2020, quando Haftar aveva stretto d’assedio Tripoli e venne poi sconfitto dai droni del leader turco Erdogan che punta anche sulla Libia per le sue proiezioni geopolitiche nel Mediterraneo.

Ma non c’è da fare troppo gli schizzinosi visto che per Haftar non c’è stata nessuna conseguenza per la condanna del tribunale della Virginia e che lo stesso governo americano, paladino assai intermittente dei diritti umani, ha inviato di recente in Libia l’assistente segretario di stato per il Medio Oriente, Barbara Leaf, proprio per incontrare Haftar. I due in questa occasione avrebbero parlato della necessità di allontanare i mercenari russi della Wagner, alleati del generale, e di raggiungere un accordo per indire nuove elezioni, anche se nessuno sembra credere davvero nella fattibilità a breve di entrambi i propositi. L’importante, per il momento, è fare finta di crederci.

E qui tutti facciamo un po’ finta. Meloni si era recata in visita a Tripoli lo scorso 28 gennaio dove aveva incontrato il premier del governo di unità nazionale, Abdulhamid Dabaiba – un altro che promette (ma non mantiene) di rispettare gli accordi sui migranti e tantomeno i diritti umani – mentre l’operazione Haftar a Roma è avvenuta con la mediazione del generale egiziano Al Sisi dopo l’incontro con Tajani in marzo al Cairo. Dove Tajani aveva fatto finta di credere alle rassicurazioni di Al Sisi sui casi Regeni e Zaki, per poi parlare del contenimento dei flussi migratori e della necessità di fare pressioni su Haftar, amico dell’Egitto, della Russia, degli Emirati e della Francia. Francia, che come dimostra il caso Darmamin-Meloni, non perde occasione per infiammare i nervi tesi tra Roma e Parigi.

Meloni in viaggio d’affari: siglato sul gas accordo da 8 miliardi

Più della metà degli arrivi del 2023 dalla Libia (10mila su 17mila) proviene della Cirenaica di Haftar, secondo i dati del Viminale elaborati da Agenzia Nova. Sia chiaro: questa non è la prima volta che omaggiamo Haftar. Nel dicembre 2020 il premier Conte e il ministro degli esteri Di Maio erano volati a Bengasi per liberare 18 pescatori di Mazara del Vallo. Ma trattare con lui oggi appare sempre più urgente visto che dalla Cirenaica sono partiti negli ultimi mesi migliaia di migranti con un aumento nel 2022 del 25% secondo le stime dell’Unhcr.

L’Italia sarebbe pronta a siglare un accordo sui migranti – soldi a milizie e a motovedette per controllare in campi di concentramento la disperazione dei profughi, sul modello di quello, assai contestato e denunciato dall’Unhcr (Onu-Diritti umani) firmato da Minniti nel 2017 con Tripoli – anche con l’imbarazzante generale già condannato per crimini di guerra.

Ma il generale non è più soltanto «l’uomo forte» della Cirenaica. Da qualche mese, grazie ad un accordo con il premier di Tripoli Dbeibah, Haftar è tornato a essere uno degli interlocutori decisivi in Libia, nonostante che nel 2019-20 avesse provato ad attaccare senza successo Tripoli, scatenando mesi di guerra civile e provocando centinaia di morti. Allora neppure i russi si erano fidati di lui e la Wagner non aveva appoggiato i suoi sforzi per prendere la capitale libica: questo avrebbe significato un nuovo scontro tra Putin ed Erdogan che già si affrontavano in Siria e nel Nagorno Karabakh. Mosca aveva scelto di arrivare a un’intesa con Ankara sulla Siria, tornata di recente nel grembo del mondo arabo, mentre trattava con Egitto e Sudan per un’eventuale base militare sul Mar Rosso.

Quali sono le carte di Haftar? L’instabilità della Libia da dove l’Italia prende gas (Greenstream) e petrolio. E soprattutto la profonda crisi economica della Tunisia (dove è diretto il ministro degli Interni Piantedosi) e dello stesso Egitto. A tutto questo si sono aggiunte le conseguenze della guerra tra generali in Sudan (Dagalo “Hemetti” è legato ad Haftar e alla Wagner). La sua arma di ricatto è l’aumento dei flussi migratori che in parte controlla all’incrocio di deserti sguarniti, stati falliti e senza confini certi. Così un generale golpista, condannato per crimini di guerra, adesso diventa anche un «rispettabile» interlocutore.

Pubblicato da LuigiLerisVIVE 

L’imperialismo italiano, il governo Meloni e la Tunisia – incontro bilaterale Tajani-Ammar

La Tunisia si conferma esportatrice di manodopera a basso costo per l’Italia, prateria per le aziende e gli interessi italiani ed avamposto italo/europeo contro i migranti.

A seguito delle dichiarazioni ad effetto del presidente della repubblica tunisino Saied su un’ipotetica decisione di rifiutare il finanziamento FMI (con annesso rischio fallimento della Tunisia), il ministro degli esteri tunisino Ammar è stato prontamente invitato (leggi convocato) a Roma dal suo omologo Tajani il 12 ed il 13 aprile scorsi.

Per l’ennessima volta è stata riaffermata la “triade degli attuali interessi italiani in Tunisia”:

1) Il progetto Elmed che consiste in un prossimo collegamento tra i due paesi con un cavo elettrico sottomarino lungo 240 km con cui l’Italia importerà energia elettrica dalla Tunisia, a cui è legata tutta la retorica sulla green economy e la produzione di energia solare nel paese, di cui beneficeranno imprese italiane a partire dal colosso Eni.

2) Maggiore presenza delle aziende italiane nel paese, per l’occasione Tajani ha annunciato la tenuta di un nuovo “business forum” in Tunisia con la presenza di imprenditori italiani operanti in particolare nel tessile, energie da fonti rinnovabili e la meccanica”.

3) Le politiche di repressione contro i migranti in cambio di qualche briciola di visti in più per la Tunisia: per l’occasione Tajani, come in un gioco delle tre carte, ha annunciato una “quota riservata” di 4.000 lavoratori tunisini, ma all’interno degli 82.000 ingressi già previsti dal decreto flussi! La peculiarità di questa sottoquota sarà che tali lavoratori saranno formati in Tunisia, probabilmente da qualcuna delle innumerevoli aziende italiane presenti nel paese. Alla fine i principali beneficiari restano quindi i padroni italiani operanti sia in Tunisia che in Italia.

L’Italia ha ribadito la propria volontà di contribuire a far andare in porto le negoziazioni tra FMI e Tunisia ed in tal senso sta facendo pressioni su USA, Germania e Francia (tra i principali azionisti del FMI) di sbloccare almeno la prima rata del finanziamento da 1,9 miliardi di dollari senza porre alcuna condizione e rimandare ancora una volta il “rischio fallimento” del paese.

“La nostra proposta all’Fmi e ai nostri interlocutori americani ed europei è stata molto chiara: cominciare a finanziare la Tunisia attraverso l’Fmi e consegnare loro, dopo una prima tranche, una seconda tranche con l’andare avanti delle riforme”, ha detto Tajani, che ha aggiunto: “L’Italia è pronta a fare tutto ciò che è in suo potere per sostenere politicamente la Tunisia, che deve essere un Paese protagonista di pace e di stabilità nel Mediterraneo”.

La proccupazione del governo italiano resta quindi la stabilità politica della Tunisia in funzione del suo rafforzamento come “avamposto di confine italiano ed europeo” per fare barriera contro la crescente ondata migratoria africana verso l’Europa.

Contemporaneamente si teneva la riunione primaverile plenaria della BM e del FMI a cui partecipano tutti i ministri dell’economia dei paesi membri, in cui da un lato i ministro dell’economia italiano Giorgietti ha portato avanti tale linea del governo sul dossier Tunisia, incontrando anche il suo omologo tunisino Samir Saied, quest’ultimo inoltre ha lanciato segnali di riconciliazione auspicando che si raggiunga un accordo tra il suo paese ed il FMI nel più breve tempo possibile.

Un ulteriore conferma che Il regime di Kais Saied, come indicavamo in un precedente articolo, paventando un’aperura verso i finanziamenti dei paesi BRICS (Cina in particolare) sembra tentare la strategia di “giocare su più tavoli” sfruttando le contraddizioni interimperialiste, ciò è stato fiutato e segnalato prontamente da Tajani che infatti ha sottolineato di prevenire che gli interessi di Russia e Cina si rafforzino nell’area mediterranea, agitando inoltre ancora una volta lo spauracchio islamista, rinnovando quindi il proprio impegno al sostegno del regime tunisino: “non mi pare che ci siano state condanne a morte in Tunisia come è successo in Iran”.

Ammar ha quindi ringraziato l’Italia “per il sostegno al processo di risanamento della nostra economia e nelle discussioni con i partner economici e finanziari”, e sfruttando l’assist politico di Tajani al proprio regime ha rilanciato toccando un nervo scoperto: “tutti i messaggi scettici rispetto al nostro Paese danneggiano l’economia tunisina e nutrono il flagello delle migrazioni illegali”.

La Tunisia di Saied sembra quindi voler continuare a strumentalizzare i migranti subsahriani sul proprio territorio in cambio del sostegno italiano e occidentale.

Pubblicato da maoist

Iniziativa contro la militarizzazione del territorio e delle scuole a Pisa -info

ANCHE A PISA UNA PESANTE INTROMISSIONE DELLE FORZE ARMATE NELLE SCUOLE. DA UN PRESIDIO ORGANIZZATO DALL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E PARTECIPATO DA DIVERSE REALTÀ ASSOCIATIVE, POLITICHE E SINDACALI È SCATURITO QUESTO APPELLO.

di No Camp Darby 31/03/2023

Scuola e Aeroporto Militare: una questione di incompatibilità, con questa parola d’ordine l’osservatorio contro la militarizzazione delle scuole ha organizzato un presidio davanti all’ufficio provinciale scolastico di Pisa. Hanno aderito varie realtà politiche (Città in comune, Rifondazione), realtà pacifiste (Un ponte per e No base a Coltano e altrove), realtà antimperialistiche (No Camp Darby) , studentesche (Cambiare Rotta) e sindacati (Cobas scuola e Cub Pisa). Un presidio partecipato conclusosi con una conferenza stampa e l’incontro con il Provveditorato agli studi.

A seguire la nota delle realtà presenti.

“Arriva anche a Pisa l’Osservatorio Contro la Militarizzazione delle Scuole e si presenta sotto l’Ufficio Scolastico Provinciale per chiedere conto della promozione della cultura militare nelle scuole della città e provincia.

Il fenomeno è purtroppo diffuso in tutta Italia come denunciato nei giorni scorsi. A Pisa le scuole sonostate addirittura direttamente invitate dall’Ufficio Scolastico Provinciale a partecipare alle celebrazioni del centenario dell’Aeronautica nell’aeroporto militare, sede della 46 Brigata Aerea.

Come realtà collettive, politiche, sindacali e associative raccogliamo l’appello dell’Osservatorio a monitorare questo tipo di attività e a prender parola contro l’imperante cultura della guerra e la progressiva militarizzazione  di ogni ambito sociale e delle istituzioni educative del nostro territorio in particolare. Siamo infatti convinti che una narrazione a senso unico che dipinge le attività delle forze armate solo come “intervento umanitario” e non come azioni di guerra e distruzione sia una narrazione tossica e deleteria per i nostri studenti e le nostre studentesse.

L’Aeronautica Italiana è impegnata in alcune delle principali missioni militari all’estero, i cui fini non sono per niente umanitari, ma – lo dicono gli stessi documenti ufficiali in parlamento – di “interesse nazionale” come nel Golfo di Guinea o nello Stretto di Hormuz, dove l’obiettivo è tutelare gli “asset estrattivi di ENI”. Missioni che perseguono una logica di competizione tra gli stati e assumono, quindi, un carattere predatorio, se non interventi distruttivi come nella partecipazione ai bombardamenti della Libia nel 2011.

Emblematico in questo senso quanto avvenuto nella Scuole Zerboglio, dove ben 5 classi della primaria sono state coinvolte nell’iniziativa trovando tuttavia la netta contrarietà di una parte delle famiglie che hanno comunicato al dirigente scolastico la non partecipazione dei propri figli all’iniziativa. Abbiamo comunque dovuto registrare nel corso dell’anno scolastico numerosi tentativi di invasione di campo da parte delle forze armate, e l’impressione che ne ricaviamo è che siamo di fronte a un tentativo neanche tanto mascherato di fare del sistema scolastico italiano un organo al servizio del Ministero della Difesa. 

Le conseguenze dal punto di vista didattico di una supina accettazione da parte delle istituzioni scolastiche di questa “colonizzazione” sono evidenti. Partecipando a tali iniziative oppure ospitando le forze armate all’interno delle proprie strutture, le scuole abdicano al loro ruolo di luogo di formazione e di convivenza pacifica trasformandosi in un ibrido sempre più succube del Ministero della Difesa. Per questo salutiamo con entusiasmo e appoggiamo le iniziative del Movimento No Base che in questi mesi ha svolto nelle scuole attività approfondite di indagine su come la cultura militare stia impattando sulla formazione dei giovani di oggi. Di fronte all’invito pervenuto da parte della 46 Brigata Aerea alle celebrazioni per il centenario dell’Aeronautica Militare e diffuso alle scuole dall’Usp di Pisa, esprimiamo tutta la nostra indignazione e invitiamo le scuole e lo stesso Usp a farsi invece promotori di laboratori di pace. 

Critichiamo inoltre il Comune di Pisa che per l’occasione ha assunto il ruolo di “autista” offrendo il trasporto presso l’aeroporto militare a titolo gratuito per le scuole che ne facciano richiesta. Lottare contro la dispersione scolastica e garantire il diritto allo studio e il servizio di trasporto pubblico per tutti dovrebbe essere la priorità di una giunta che evidentemente non ha a cuore la scuola. 

Infine le celebrazioni in oggetto ci inducono a una riflessione critica anche in termini di danno ambientale provocato dal sorvolo a bassa quota da parte degli aerei in questione che produrrebbero un forte inquinamento atmosferico e sonoro, bruciando inoltre letteralmente una montagna di denaro pubblico al solo fine di autoincensarsi. Invitiamo pertanto tutti e tutte a collaborare a questa opera di vigilanza segnalando e denunciando le sempre più invadenti intromissioni delle forze militari nelle scuole e in generale nel sistema educativo all’Osservatorio [osservatorionomili@gmail.com]”

Pubblicato da maoist 

Imperialismo Italiano e UE in Tunisia – Azione congiunta Tajani/Gentiloni per approfondire l’influenza italiana nel paese

Il ministro degli esteri e vice presidente del consiglio Tajani ha ribadito il “sostegno italiano” alla Tunisia in sede UE e del Consiglio Europeo (il “consiglio dei ministri” dell’UE) con un finanziamento europeo di 900 milioni di euro di cui: “300 milioni subito, altri 300 milioni quando saremo sicuri che le riforme siano state iniziate e altri 300 milioni supplementari”.

La proposta italiana in sede UE e a quanto sembra sostenuta anche dalla Francia arriva mentre è in corso un impasse per il finanziamento di 1,9 miliardi di dollari americani dal FMI e dal congelamentodei rapporti tra Tunisia e BM, ciò compromette la possibilità di ulteriori finanziamenti bilaterali in particolare da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Le due agenzie finanziarie internazionali imperialiste hanno sospeso formalmente le linee di credito alla Tunisia adducendo strumentalmente l’arresto del processo di “transizione democratica” che il regime di Saied ha interrotto il 25 luglio 2021 sciogliendo il parlamento, promulgando unilateralmente una nuova costituzione e indicendo nuove elezioni sulla base di questa facendo insediare un parlamento di deputati/individui senza partiti.

Alcuni analisti economici già dall’anno scorso hanno previsto il fallimento dello Stato tunisino nella seconda metà del 2023 qualora non fosse incassata la prima tranche del finanziamento FMI.

E qui che si inserisce l’azione italiana sostenuta dall’UE con l’obiettivo di scalare posizioni ed essere il paese europeo e imperialista più influente in Tunisia: 300 milioni di euro subito e senza condizioni… proposta rilanciata ieri a Tunisi da Paolo Gentiloni in veste di commissario (“ministro”) europeo agli affari economici e monetari che però aggiunge: “la prima condizione è di aderire al piano di finanziamento del FMI”.

Quindi mentre FMI e BM cercano di far arrivare con l’acqua alla gola in regime Saied, ma avendo allo stesso tempo tutto l’interesse di prestare i soldi e quindi approfondire la dipendenza finanziaria tunisina, il duo Tajani/Gentiloni prospettano al paese ulteriori 900 milioni di euro.

Il pressing italo-europeo nel quadro più generale di quello imperialista internazionale insiste quindi su tre questioni già affrontate in articoli precedenti che nell’incontro di ieri tra Gentiloni e Saied, Bouden (la prima ministra fantoccio di Saied) ed i ministri di economia, finanze e quello degli esteri: arrestare i flussi migratori dalla Tunisia, riforme liberiste a spese del popolo, e maggiore apertura alle imprese italiane ed in particolare nel campo energetico.

Da quanto riporta il lungo resoconto dell’incontro pubblicato da AgenziaNova del 27 marzo, la controparte tunisina ha ben accolto il rappresentante comunitario al di là della retorica “nazionalista” e anti occidentale del regime Saied che fino ad oggi non è andata oltre il folclore (compreso ieri quando Saied ha inizialmente comunicato all’ultimo minuto che non avrebbe incontrato Gentiloni ma a seguito di immediate “pressioni italiane” l’incontro è andato in porto!).

Ma in questa faccenda neanche il regime moderno fascista italiano è avulso dalla farsa…

Tajani per dar peso alla proposta italiana ha evocato il “pericolo Fratelli Musulmani” che insieme al pericolo “invasione migranti” sembra essere diventato il secondo spauracchio del governo Meloni:

“se non interverremo per salvare la Tunisia dal rischio fallimento i Fratelli Musulmani potrebbero avvantaggiarsi politicamente”.

Tajani fa finta di non sapere che i Fratelli Musulmani che in Tunisia fanno capo al partito politico di Ennahdha (e non a caso Tajani utilizza il nome del raggruppamento a livello internazionale) sono già stati al potere per quasi dieci anni (2012-2021) e che l’Italia in questo periodo ha continuato a stringere accordi economici e sulle politiche migratorie donando centinaia di migliaia di euro in equipaggiamenti, motovedette, addestramento militare ecc. ecc. ecc.

Ricordiamo noi in questa sede che Tajani nel 2014 in veste di presidente vicario del parlamento europeo diede la sua benedizione agli accordi anti-migranti con i macellai e le milizie libiche islamiste.

Tali dichiarazioni quindi mostrano il volto miserabile di un governo reazionario e moderno fascista come il governo Meloni il cui solo interesse è ingrossare i conti in banca degli investitori italiani e delle grandi aziende italiane a partire dall’Eni a spese dei lavoratori italiani e dei popoli oppressi come quello tunisino.

Pubblicato da maoist

I governi imperialisti di Italia, GB e Giappone stringono accordi per nuovi micidiali aerei da combattimento

I ministri della Difesa di Italia, Giappone e Regno Unito accelerano sul programma Global Combat Air Programme (Gcap) per lo sviluppo di un aereo da combattimento di sesta generazione operativo entro il 2035.

Un altro passo che rafforza legami imperialisti nel quadro della concorrenza mondiale e l’Italia non intende rimanere indietro e, con il ministro Crosetto del governo Meloni, fa leva sul potenziamento tecnologico dell’apparato bellico nel campo dell’alleanza atlantica ad egemonia USA/NATO. 

“Il Gcap” secondo il Ministro Crosetto “è una scelta industriale, tecnologica ma è, prima di tutto, una scelta politica di tre importanti Nazioni che hanno deciso di intraprendere un percorso comune che permetterà alle rispettive Forze Armate di cooperare insieme in diversi ambiti”.

Il governo Meloni è per servire gli interessi dell’imperialismo italiano che corre verso la guerra perchè vede in essa l’unica soluzione alla sua crisi economica sistemica, perchè è con l’avventura bellica che afferma gli interessi imperialisti della borghesia italiana nella contesa con gli altri imperialismi per la spartizione del mondo e delle materie prime. Il governo Meloni sta spingendo l’imperialismo italiano a un ruolo di protagonista nell’ambito di una nuova definizione delle alleanze mondiali, la sua politica è la corsa agli armamenti, è la militarizzazione della politica estera al servizio del capitalismo monopolistico di Stato (ENI). Il governo Meloni è per la guerra. Attua una politica spudoratamente e sfacciatamente di parte come è di una parte sola il nazionalismo, il patriottismo, con cui si riempiono la bocca i suoi ministri e parlamentari, quella dei padroni italiani, una politica che rovescia su operai e masse con la disoccupazione, l’attacco al salario, i tagli allo stato sociale, ai servizi, e che porta avanti anche a livelloideologico con la disumanità delle sue azioni verso migranti, con la repressione e con leggi liberticide, con lo squadrismo fascista. E’ una politica che porta alla guerra sul piano esterno e a quella civile sul piano interno. 

Pertanto per gli operai e per le masse si pone necessariamente la necessità di rovesciare questo governo fascio-imperialista e porre la questione della conquista rivoluzionaria del potere politico come il centro di tutta la propria attività politica. 

Italia, Giappone e Regno Unito puntano a completare il progetto di base entro 2024 secondo i piani discussi a Tokyo dai ministri della Difesa dei tre Paesi Crosetto (Leonardo e Elettronica), Hamada (Mitsubishi Electric)e Wallace (Leonardo UK, uno dei fondatori del progetto nazionale Tempest). 

da startmag

I tre paesi puntano a completare il progetto di base entro il 2024, riporta Nikkei a margine dell’incontro avvenuto ieri a Tokyo con il Ministro della Difesa del Giappone, Yasukazu Hamada, il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto e il Segretario di Stato per la Difesa del Regno Unito, Ben Wallace.

“Italia, Regno Unito e Giappone sono uniti dallo stesso destino e oggi abbiamo posato una pietra per costruire un futuro importante insieme”, ha dichiarato Crosetto. Per i tre ministri si trattava del primo incontro da quando il Memorandum of Cooperation (MoC) sul programma Gcap è stato firmato lo scorso dicembre sulla base delle solide e durature relazioni tra i tre Paesi.

L’accordo ha combinato di fatto il progetto Tempest — a guida britannica a cui partecipa il nostro paese per sostituire i caccia Typhoon — con il programma F-X giapponese in un’impresa chiamata Global Combat Air Program (Gcao), relativo allo sviluppo di un sistema di sistemi di nuova generazione e operazioni multi-dominio.

“Un accordo di grande rilevanza raggiunto in un delicato momento geopolitico”, ha aggiunto Crosetto evidenziando che “le nostre tre Nazioni rafforzano così la loro cooperazione in un progetto che avrà importanti ricadute nel campo tecnologico, dell’innovazione, ricerca e sviluppo nel settore dell’aerospazio, della difesa e sicurezza”. Nella parte conclusiva della trilaterale hanno partecipato anche i ceo della giapponese Mitsubishi, della britannica Bae Systems e  dell’italiana Leonardo (per l’Italia anche Avio Aero, Elettronica e MBDA, ndr). Infatti, le tre aziende faranno parte di una joint-venture che guiderà il progetto.

La Meloni in Libia consegna i migranti ai torturatori della guardia costiera in cambio di affari per il gas

Meloni sigla con Descalzi, Eni, un’intesa definita “storica” sulla pelle dei migranti: Cinque navi (finanziate dall’Ue) alla guardia costiera libica per il “controllo” dei profughi in fuga da violenze e fame, in cambio di uno storico accordo sul gas da 8 miliardi di dollari.

«Abbiamo parlato di come potenziare gli strumenti per combattere i flussi illegali. È un tema che non riguarda solo Italia e Libia, deve riguardare l’Unione europea nel suo complesso», ripete Meloni. Poi tocca a Tajani: «Ho firmato un memorandum d’intesa tra il governo italiano e quello libico per la consegna di cinque vedette finanziate dalla Ue. Rafforziamo la cooperazione con la Libia, anche per contrastare i flussi d’immigrazione irregolare».

Il rafforzamento della famigerata Guardia costiera libica, denunciata dai migranti per le violenze, gli arresti, portera’ a impedire con la forza che i migranti possano scappare dall’orrore o per riportarli nei lager delle torture, stupri delle donne. 

I migranti, uomini, donne, bambini vengono sacrificati, consegnati al “boia” per, nella classica politica imperialista, avere in cambio affari.

Meloni ha ricordato come «l’Eni è presente qui dal 1959, ha di fatto contribuito a una parte importante della storia libica di questi anni, dello sviluppo economico della Libia…”. Dimostrando come l’Italia imperialista è stata complice degli orrori perpetrati in Libia dall’imperialismo americano e oggi della politica di lager, torture dell’attuale regime verso i migranti, per i profitti del capitalismo italiano.

E Meloni spiega la politica neo coloniale del suo governo, che prende risorse energetiche e lascia briciole nei paesi del nord Africa: «l’Italia vuole giocare un ruolo importante, anche nella capacità di aiutare i Paesi africani a crescere e a diventare più ricchi. Una cooperazione che non vuole essere predatoria, che vuole lasciare qualcosa nelle nazioni». 

Pubblicato da fannyhill

Il Governo Meloni in prima fila nello scontro/guerra internazionale per la spartizione delle risorse energetiche

a favore dei profitti dell’ENI attraverso la rapina delle materie prime in Africa 

Lo ha detto espressamente la Meloni nel suo intervento ai Dialoghi sul Mediterraneo di Roma: “Parto dalle parole del Ministro Tajani: l’Italia è fortemente impegnata con questo governo a rafforzare il suo ruolo nel Mediterraneo.

Il Mediterraneo allargato è la colonna della sicurezza energetica italiana. Da esso proviene circa il 45% dell’import di gas naturale….enormi sono le potenzialità dell’area e il contributo che si può dare alla sicurezza energetica europea in questa fase di crisi anche per lo sviluppo e lo scambio di nuove energie sostenibili”… Parlando dell’idrogeno verde “abbiamo la possibilità di produrlo nel Mediterraneo allargato e scambiarlo a prezzi competitivi. Quindi l’energia è sì un bene nazionale, ma anche comune”, ha aggiunto Meloni.

La piena e duratura stabilizzazione della Libia rappresenta certamente una delle più urgenti e delicate priorità di politica estera e di sicurezza nazionale, anche in ragione degli impatti che una protratta instabilità in Libia è suscettibile di avere anche in termini di flussi migratori, di sicurezza degli approvvigionamenti energetici per tutta l’Europa”. 

CHE SIGNIFICA FINANZIAMENTI IN POLITICA ESTERA E IN POLITICA DELLA DIFESA PER GLI INTERESSI DELLA BORGHESIA IMPERIALISTA ITALIANA

Dopo il GreenStream, il gasdotto che porta il gas dalla Libia, a breve sarà la volta di Argo-Cassiopea, il gasdotto sottomarino che porterà il gas alle industrie del Nord, e successivamente del Melita Pipeline, che invece porterà il gas all’isola di Malta.

MA DOVE C’E’ L’ ENI C’E’ LA TENARIS che si espande e guadagna, multinazionale che produce tubi di acciaio per petrolio e gas, servizi collegati ai progetti, che ha sua volta si espande in Africa, ad esempio con l’ultima fornitura di prodotti per i prossimi 5 anni in Angola, dove entro il 2026 si arriverà a produrre sei miliardi di metri cubi di gas l’anno.

Ma anche per il giacimento di Cassiopea, situato nel canale di Sicilia, progetto che era già pronto nel 2018, ma sospeso fino ad oggi per problematiche legate ai permessi governativi e ambientali, “superati” con la crisi energetica/guerra ucraina, in quanto il giacimento è diventato strategico per l’approvvigionamento di gas italiano e quindi ora con tempi di produzione dei tubi serrati per gli operai, tra novembre dicembre e gennaio perchè deve entrare in funzione a fine 2023, ovviamente la Tenaris ha rinegoziato il prezzo  del contratto aggiungendo un sovrapprezzo…

questa è la logica dei  padroni per fare soldi:

“la situazione complessiva del nostro mercato è sostanzialmente positiva, anche se il mondo sta subendo gli effetti di una crisi a cascata”, HA DETTO PADRON ROCCA, CON GLI INVESTIMENTI NEL MERCATO DELL’ENERGIA IN AUMENTO DOPO ALCUNI ANNI DI RIDUZIONI, “c’è la sensazione che per raggiungere l’indipendenza energetica e la sicurezza in un mondo esposto a rischi geopolitici sia necessario aumentare gli investimenti in petrolio e gas”.

Pubblicato da LuigiLerisVIVE

La UE finanzia ulteriormente il golpista Al Sisi per i respingimenti antiimmigrati. Con il governo Draghi sono cresciuti l’export di armi per la repressione interna, le deportazioni, i profitti ENI in Egitto

La UE ha stanziato 80 milioni di euro a favore della Guardia costiera egiziana contro i flussi migratori verso l’Italia.

Export di armamenti, un anno da record per i padroni delle armi, con il governo Draghi che ha fornito armamenti all’ Egitto per 773 milioni. 

A determinare la necessità di mantenere stabili le relazioni con l’Egitto, anche l’interesse per le sue fonti energetiche: “L’ENI gioca un ruolo da protagonista nell’economia egiziana, a partire dall’approvvigionamento energetico garantito dal giacimento di gas naturale di Zohr”, scrive la Commissione parlamentare d’inchiesta su Regeni.

Trattative top secret tra l’Italia e Il Cairo finalizzate a facilitare le deportazioni in Egitto di migranti egiziani “irregolari” in cambio di nuovi aiuti militari: l’Italia ha aumentato le procedure di deportazione di cittadini egiziani. Nel periodo compreso tra il marzo e il maggio 2022 il Viminale ha noleggiato tre aeromobili per altrettanti servizi di rimpatrio di migranti (“tra 60 e 120”), con tanto di scorta di oltre 300 operatori di polizia.

In questo contesto di “cooperazione” repressiva continua ad essere insabbiato il processo per le torture che hanno portato alla morte di Giulio Regeni: la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Roma contro lo stop deciso dal Gup (e prima ancora dalla Corte di Assise di Roma) del processo nei confronti dei quattro agenti dei servizi segreti egiziani imputati.

Il ministro guerrafondaio Guerini applica subito il Nuovo Concetto Strategico: più NATO in Africa, che vuol dire anche più massacri di migranti come a Melilla

Fuori l’imperialismo italiano dal Sahel!

Merci, petrolio e respingimenti degli immigrati sono il centro dell’interesse dell’imperialismo italiano in Africa. Queste sono scelte politiche, assieme all’aumento delle spese militari, al sostegno al capitalismo di Stato dell’ENI e alla grande finanza, che questo governo continuerà a scaricare sui lavoratori e le masse e per reprimere maggiormente gli immigrati, più di quanto già non facciano i criminali della guardia costiera libica e gli aguzzini dei lager libici pagati dall’Italia. A fare intervenire la NATO a Melilla aveva già parlato il capo del governo “socialista” spagnolo Pedro Sánchez, il “governo più progressista” che Madrid abbia avuto dalla morte di Franco, come viene chiamato, durante il vertice di Madrid, l’immigrazione è stata affrontata come una “minaccia all’integrità degli stati” ai quali far fronte in maniera organizzata e decisa, al pari dei ricatti energetici.

Contro il nostro governo imperialista è sempre più necessario organizzare la lotta per farlo cadere.

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